DEDIZIONE


DEDIZIONE

A scorrere i comunicati stampa dei Ministri della (Pubblica) Istruzione degli ultimi anni (ma, secondo me, anche degli ultimi decenni) non ce n’è uno – che sia uno – che, pubblicato all’inizio del mandato, non abbia fatto pervenire ai giornalisti solenni parole di elogio dell’opera degli insegnanti, che – immancabilmente – erano potenziate e rese solenni da una frase, sempre quella (da decenni): “lo stipendio dei docenti meriterebbe di essere molto, ma molto più alto dei livelli attuali di retribuzione”.

C’era chi si arrischiava addirittura a parlare di aumenti a tre cifre, (sempre meritatissimi dagli insegnanti, secondo lui) con evidente sprezzo del pericolo (o del ridicolo?).

In tre decadi già trascorse da insegnante, ho imparato – a priori – a diffidare del condizionale.

Un modo verbale poco impegnativo, perché se ne frega (ops!) assolutamente del dato oggettivo, della realtà – quale che sia. 

Il condizionale ci fa assaggiare il migliore dei mondi possibili, senza farcelo però assaporare. Ci fa credere in una miriade di cose, che però la protasi immancabile, di quello che è un periodo ipotetico del terzo tipo, rende del tutto irrealizzabili.

E così è anche per il nostro mirabolante stipendio del terzo tipo: quello dell’irrealtà. 

Quello che ci viene fatto annusare, ma che non arriva mai davvero.

Nella legge di bilancio di quest’anno ha infatti fatto capolino l’ennesima presa in giro.

Ci daranno un aumento, sì, (forse, moooolto forse) ma sarà legato alla dedizione che abbiamo dimostrato, che avremo dimostrato di possedere.

(se mai ne abbiamo avuta una)

Da un punto di vista etimologico, dedizione deriva da deditio, che in latino indica l’atto di arrendersi.

E forse – in quelle remote, silenziose, perfette stanze del Ministero – avranno pensato che, alla fine, ci prenderanno per sfinimento, nel momento in cui decideremo di arrenderci. 

Nel momento in cui tireremo fuori quella benedetta bandiera bianca.

(“fate come vi pare, ci arrendiamo!”)

Dedizione – come parola – mi fa pensare a quelle infermiere di guerra che assistono – senza badare al pericolo – i soldati feriti. Mi fa pensare alle mamme che vegliano solerti sul sonno e sul benessere dei loro pargoli.

Noi non siamo né mamme né infermiere. Siamo docenti. E chiediamo rispetto, senza la speranza di averne.

Credo che noi insegnanti meriteremmo quella forma di rispetto che da secoli e secoli manca ai ministri che decidono dei nostri destini: quello delle Finanze, quello della Pubblica Amministrazione, quello dell’Istruzione.

Credo anche che – uscendo dalle battute – quello che abbiamo fatto durante la pandemia sia stato ben presto dimenticato. 

(gli eroi!)

Se ci chiedono, se pretendono di certificare la nostra dedizione, vuol dire che erano altrove, guardavano altrove mentre noi cercavamo – anche via Zoom, anche via Meet – di non far crollare i loro figli ed i loro nipoti.

E nessuno ancora ci ha ringraziato per aver preso in mano la situazione immediatamente,  per avere organizzato da soli il servizio, mentre la Ministra dell’epoca era ancora preda dei suoi balbettii.

  • Eccellenze
    Come ho già detto più volte, non amo usare questa parola quando si parla di scuola.  Mi rimanda ai tempi detestabili di Mussolini. Oppure al modo in cui ci si rivolge con deferenza ad autorità quali il Prefetto, o i Vescovo. Tutte cose importanti (non la prima, certamente: Mussolini era e resta un odioso dittatore),… Leggi tutto: Eccellenze
  • È solo una questione di merito?
    “Lasciamoli lavorare!”  È questo che – di solito –  si dice e si scrive, quando un governo inizia il suo cammino. Va precisata subito una cosa: l’esordio non lascia presagire nulla di buono.  Ed il “nulla di buono” sta già tutto in quella parolina aggiunta accanto al titolo del nostro ministero: “merito”. Un termine assai… Leggi tutto: È solo una questione di merito?
  • GUERRE PUNICHE E SAPERI TECNICI
    GUERRE PUNICHE E SAPERI TECNICI “Siamo alle solite, Calimero!”- come si diceva una volta a Carosello. Ecco qua l’ennesimo politico in cerca di visibilità, che se ne arriva con la consueta, inutile, sciocca, vuota, contrapposizione tra saperi nella scuola italiana. Sapere tecnico versus quello umanistico. Fight Club: accomodatevi, signori e signore! Ci troviamo ancora una… Leggi tutto: GUERRE PUNICHE E SAPERI TECNICI
  • GIORNATE FATICOSE
    GIORNATE FATICOSE In una delle mie classi ho messo su un piccolo laboratorio di haiku. È la seconda volta che mi capita: credo che – nell’anno (il secondo) in cui in classe si lavora in modo “tecnico” sul testo poetico – fare poesia in modo concreto, aiuti a capire quanto faticoso sia l’atto creativo di… Leggi tutto: GIORNATE FATICOSE
  • PROVE SCRITTE
    PROVE SCRITTE Si tratta di un’impressione “a caldo” e, forse, proprio per questo, lascerà il tempo che trova,   verrà interpretata come lo sfogo di una docente eccessivamente preoccupata.  Tuttavia questo sempre più probabile annullamento delle prove scritte dell’Esame di Stato si porta dietro un inevitabile senso di fallimento.  Di perdita di una cosa importante.… Leggi tutto: PROVE SCRITTE

Lascia un commento