GUERRE PUNICHE E SAPERI TECNICI
“Siamo alle solite, Calimero!”- come si diceva una volta a Carosello.
Ecco qua l’ennesimo politico in cerca di visibilità, che se ne arriva con la consueta, inutile, sciocca, vuota, contrapposizione tra saperi nella scuola italiana.
Sapere tecnico versus quello umanistico. Fight Club: accomodatevi, signori e signore!
Ci troviamo ancora una volta davanti a qualcuno che perde parte del suo tempo prezioso a parlare di ciò che non sa. Di un mondo di cui non conosce il funzionamento. Ma – sprezzante del pericolo e del ridicolo – ne parla. Purtroppo per noi.
Non sarebbe un grosso guaio, se ci trovassimo a chiacchiera, seduti su uno sgabello, al bar. Smetteremmo semplicemente di ascoltare l’incauto individuo, mentre dice idiozie, e fine del discorso.
Ci concentreremmo piuttosto sulle patatine, sui sottaceti lì, davanti a noi, e lasceremmo le sue parole scorrere nella corrente d’aria tra porta d’ingresso e finestra.
Più salutare, oggigiorno.
Purtroppo – ancora una volta – è un Ministro a parlare (un uomo di peso politico, dunque): parla di scuola e lo fa col candore e la sicumera che anima, come spesso capita, quelli che parlano a vuoto di un argomento che non conoscono.
Di un ambito che non praticano. Perché, nella vita, fanno altro.
(uno sport singolarmente diffuso, da un po’ di tempo a questa parte)
Molte persone sono convinte di conoscere come funziona la scuola, come lavoriamo (o non lavoriamo) noi insegnanti, credono di sapere alla perfezione che a scuola, nel silenzio dell’aula, noi vediamo di fronte a noi – seduti nei banchi – non ragazzi che devono prepararsi a tutto quello che li attende là fuori, ma dei semplici contenitori che ci divertiamo a riempire a caso di nozioni. Umanistiche, di preferenza. (perché – è notorio – i docenti di materie umanistiche sono quelli meno in contatto col mondo esterno, quelli più avulsi da ogni contesto, specie se è di carattere produttivo, ma sono anche quelli che sgomitano per avere sempre più spazio nella scuola)
Noi umanisti – tutti lo sanno – godiamo nel saturare di nozioni le nostre vittime. Fino a satollarle. Specie se si tratta di saperi polverosi, vecchi, stantii, come quelle inutili regole della grammatica o quelle nozioni di storia che, come si sa, non danno certo da mangiare: “ci vorrebbe ben altro!” – direbbe qualcuno. Questo dramma si verificherebbe perché siamo gelosi del nostro antico potere e della concorrenza dei nuovi saperi di carattere “tecnico”, quelli emergenti (ma poi, cosa sarebbe ESATTAMENTE un sapere tecnico? saper riparare un motore? saper usare una pialla? saper accendere e far funzionare un computer? o sapere usare un libro o un dizionario come si deve? non sarà che ogni forma di sapere concorre a formare un individuo che è, innanzitutto, un essere pensante?) Chiariamo dunque subito una questione.
Nessuno, ormai, lavora più in questo modo, lo sappia, caro Ministro. Nessuno di noi arriva in classe brandendo un imbuto, come quelli che si utilizzano con le oche quando si vuol far crescere a dismisura il loro fegato, da spalmare poi su una tartina. Anche noi vecchi e polverosi docenti di materie umanistiche siamo stati capaci di evolverci (e la pandemia, con il conseguente lockdown, lo ha ampiamente dimostrato)
Il modo di lavorare che ci caratterizza ha semplicemente l’obiettivo di creare persone che riflettono sulla realtà che li circonda. E questo, certo, lo ammettiamo, ha poco di tecnico e molto di pedagogico. Non è una cosa da sfoggiare a favore di telecamera. Non siamo, però, cultori della nozione per la nozione. Siamo, in generale, persone che rispettano il sapere ed il lavoro di tutti i colleghi. Perché sappiamo che ognuno di noi mette il suo sassolino nell’edificio. Le nozioni – in sé e per sé – non ci importano molto.
Alcune di esse sono indispensabili, certo.
(in che modo si potrebbe altrimenti mettere insieme un ragionamento, senza conoscere le regole di base della grammatica? in che modo si potrebbe compiere una operazione quotidiana qualsiasi, senza avere le nozioni di base dell’aritmetica o della geometria?)
Ma – e da un pezzo – siamo andati oltre. Molto oltre.
E forse questo, nel mondo della politica, non è ancora abbastanza chiaro.
Il Ministro sembra non saperlo. Molti politici sembrano ignorarlo da sempre.
Alcuni fanno avere alle agenzie di stampa comunicati in cui parlano di scuola, senza averla mai fatta. Senza avere mai insegnato, nemmeno per un giorno nella vita. Una sorta di Ignoranza A Distanza. Molta, molta distanza (dai fatti).
Forse però è così che bisogna fare. Dobbiamo imparare anche noi docenti. Da certe tribune social.
Penso che – a breve – mi metterò a fare conferenze sul modo migliore di praticare la chirurgia, sul modo in cui conviene pilotare un aereo, senza avere la minima idea di ciò di cui sto parlando.
Che importa, in fondo?
Ho comunque detto la mia davanti ad una platea ugualmente ignorante ed è questo che conta di più – di questi tempi.
Parlare a vanvera.
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